DIAGNOSI PRENATALE INVASIVA: BIOPSIA DEI VILLI CORIALI ED AMNIOCENTESI
Evitare malattie cromosomiche o genetiche nel tuo bambino prima della nascita
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È possibile rilevare se un feto ha un'alterazione cromosomica o genetica con alta affidabilità ottenendo materiale fetale attraverso tecniche invasive come il prelievo dei villi coriali o l'amniocentesi, evitando così la nascita di un bambino con una malformazione o una malattia grave.
Cos'è la diagnosi prenatale invasiva?
La diagnosi prenatale invasiva consiste nell'ottenere materiale fetale attraverso un metodo invasivo. Ci sono due tecniche principali: l'amniocentesi e il prelievo dei villi coriali.
L'amniocentesi consiste nell'ottenere un piccolo volume del liquido amniotico che circonda il feto per mezzo di una puntura attraverso l'addome materno. La biopsia corionica consiste nell'estrazione di tessuto placentare, per via transcervicale. Entrambe le tecniche, nonostante siano invasive, hanno una percentuale di complicazioni molto bassa.
A cosa serve la diagnosi prenatale invasiva e quando viene eseguita?
Lo scopo della diagnosi genetica prenatale è quello di rilevare anomalie genetiche o cromosomiche prima della nascita, cioè durante la vita fetale. L'amniocentesi viene eseguita tra la 15a e 18a settimana di gestazione, mentre il prelievo dei villi coriali ha il vantaggio di essere eseguito prima, tra la 11a e le 12a settimana di gravidanza.
In cosa consiste la diagnosi prenatale invasiva?
Una volta ottenuto il materiale fetale, viene elaborato con diverse tecniche di biologia molecolare e/o citogenetica a seconda dell'anomalia da escludere. Per la diagnosi delle malattie genetiche, si estrae il DNA dalle cellule fetali e si analizzano le mutazioni nel gene responsabile della malattia. D'altra parte, per la diagnosi di anomalie cromosomiche, si utilizza normalmente la tecnica FISH (Fluorescent In Situ Hybridization), che permette di analizzare in 24 ore i cromosomi coinvolti nell'alterazione specifica, o quelli più legati alle alterazioni numeriche nei neonati (trisomie 13, 18, 21 o alterazioni dei cromosomi sessuali). Inoltre, viene eseguito un tampone delle cellule per ottenere il cariotipo fetale, dove vengono visualizzati tutti i cromosomi, escludendo così qualsiasi altra anomalia che potrebbe compromettere la salute del feto.
Se una malformazione viene rilevata ultrasonograficamente, un cariotipo ad alta risoluzione può essere eseguito utilizzando la tecnica array-CGH, che permette di rilevare perdite o guadagni di piccole regioni cromosomiche.
In che casi è indicata la diagnosi prenatale invasiva?
Casi in cui c'è una maggiore probabilità che il feto abbia un'alterazione cromosomica come la sindrome di Down. Per esempio, in caso di risultati ecografici e/o biochimici (screening ad alto rischio nel primo trimestre), età materna avanzata, gravidanze precedenti con anomalie malformazioni nella cartella clinica familiare.
Coppie in cui uno dei membri è portatore di un'alterazione cromosomica che potrebbe essere trasferita alla prole.
Coppie in cui uno dei membri è portatore di un'alterazione genetica che potrebbe essere trasferita alla prole con una probabilità del 50% (eredità dominante).
Coppie in cui entrambi i genitori sono portatori di una malattia genetica di eredità recessiva (probabilità di prole affetta 25%).